Sguardi su un Festival
intervista con Patrizia Rappazzo: direttrice artistica di Sguardi Altrove

Abbiamo conversato con Patrizia Rappazzo, direttrice artistica di Sguardi Altrove, riguardo alla prossima edizione del Festival, in partenza il 29 febbraio, scoprendo inediti dettagli sulla nascita del Festival, sui cambiamenti intercorsi nel corso degli anni e soprattutto su cosa lo rende un appuntamento più attuale che mai.

Patrizia Rappazzo è direttrice artistica di Sguardi Altrove Film Festival, giornalista professionista dal 1991, per anni ha lavorato presso Mediaset curando per Canale 5 la rubrica ‘Il Cinema in Televisione’; dal 2012 è inoltre responsabile del Settore Formazione di Milano Film Network, la rete che unisce le sette eccellenze festivaliere del cinema milanese.

1. Al via dal 29 febbraio la XXVII edizione di Sguardi Altrove Film Festival dedicato alla cinematografia internazionale a regia femminile. Come è nata l’idea del Festival e come mai la scelta di concentrarsi proprio sulla regia femminile e non su altri mestieri del cinema ad esempio?

Il Festival ‘Sguardi altrove’ ha ormai una storia lunga ventisette anni, bisogna quindi considerare che la regia femminile non era assolutamente la stessa di adesso. Se ancora oggi sono poche le donne a livello internazionale impiegate nel mondo audiovisivo e soprattutto nella regia, ventisette anni fa era un vero e proprio dramma. Il Festival nasceva quindi con l’obiettivo di dare visibilità e promuovere a livello internazionale lavori di donne che avevano la volontà di realizzare il loro sogno di diventare registe. Oggi il problema è sentito con minore urgenza, ma questo non significa che non esista più. Il Festival ha ancora una sua specificità: attraverso il Festival facciamo un lavoro che cerca di dare valore alla creatività femminile e celebrare i lavori di qualità di donne che nella loro contemporaneità, creatività e soprattutto volontà di lavorare danno vita ad opere che affondano le radici nel passato e si proiettano nel mondo del futuro.

2. Come dicevamo il Festival è nato oltre ventisei anni fa, quali cambiamenti importanti sono intercorsi in questi anni e soprattutto come crede sia modificato il mercato (italiano o estero) nei confronti proprio delle cinematografie ‘altre’ che trovano spazio nel Festival?

Sicuramente rispetto al passato il numero delle registe è oggi maggiore a livello internazionale. Quest’anno in fase di preselezione dei film per il festival (conclusa il 6 gennaio) abbiamo ricevuto moltissime opere, anche opere prime, alcune da paesi lontani attraversati da situazioni molto complesse. Alcuni film provenienti dall’Iran sono stati inviati con grosse difficoltà a causa delle tensioni geopolitiche delle ultime settimane. E’ un piacere vedere donne, anche provenienti da paesi con conflitti in corso, che si affannano per trovare un proprio spazio di espressione e con la loro determinazione progettano il loro futuro.

Ma siamo ancora indietro, ci sono ancora molti passi da percorrere. Quindi sì, si è verificata una variazione, ma ancora oggi le donne hanno una grande difficoltà ad emergere soprattutto in certi paesi a cultura tradizionalista. Anche in Italia purtroppo ci troviamo spesso a fare i conti con una cultura maschilista in cui le donne hanno una certa difficoltà ad accedere a ruoli di ‘potere’, soprattutto potere di tipo economico. Fare un film significa avere dei soldi, assumere delle persone, gestire il lavoro di un team. Ci sono tante donne nel mondo della produzione, una discreta presenza femminile nel montaggio ma ancora pochissime donne nella regia.  Spesso sono le stesse donne che si autolimitano in questa direzione, c’è ancora una mancanza di consapevolezza di essere in grado di ricoprire certi ruoli.

3. Ma perché distinguere un film a regia femminile e uno a regia maschile? In termini di linguaggio si possono riscontrare delle differenze sostanziali?

A questa domanda ci sono due risposte possibili:

  • No, non è necessario né utile distinguere donna o uomo dietro alla macchina da presa di un film. Si può infatti parlare di un certo tipo di sensibilità nella regia e quindi di una qualità che va al di là delle distinzioni di genere: ci sono uomini che hanno realizzato film meravigliosi con uno spessore unico di contenuti e di sentimenti, un linguaggio perfetto e che sono rimasti nella storia del cinema così come nella memoria di tutti noi.
  • Ma d’altra parte, da testimone fortunata di tanta cinematografia a regia femminile posso dire che le donne sono in grado di raccontare alcune storie come forse gli uomini ancora non sono riusciti a fare. Le donne una volta raccontavano storie ‘domestiche’, di famiglia, di figli, storie d’amore, adesso raccontano di tutto: sono documentariste straordinarie, descrivono la guerra attraverso una finestra all’interno della quale si intravede la cucina in uno scorcio di vita domestica. C’è una levità nel cinema a regia femminile che parte da una differenza di tipo biologico prima di tutto. Quindi se si parla in termini di qualità o di competenze il discorso si sovrappone, non occorre fare distinzioni ed è anzi sbagliato farne. Per quanto riguarda il linguaggio cinematografico delle differenze possono essere colte e anzi le donne hanno ancora una grande necessità di esprimere la propria voce, di offrire il loro sguardo, per certi versi unico, sulle cose.

4. In relazione a questo tema, da diversi anni ormai il Festival ha aperto alcune sezioni anche a film girati da uomini, a cosa è dovuta questa decisione e come pensa abbia aggiunto valore al Festival?

Torno indietro di un po’ di anni: io dirigo il Festival dal 1996, il festival nasce dall’associazione culturale Donne Altrove fondata da Gabriella Guzzi qualche anno prima. Gabriella era una psicologa operante allora in un consultorio per il comune di Milano dove il cinema era uno strumento privilegiato per lavorare sulla depressione femminile. Da qui l’idea di Gabriella insieme ad altre donne accomunate dalla passione per il cinema, di creare un’occasione di celebrazione e soprattutto di promozione di cinema di qualità a regia femminile.  Nel 1996 ho deciso di cambiare il nome del Festival da Donne Altrove a Sguardi Altrove con la volontà di aprire lo sguardo, non innalzare steccati e sfruttare l’opportunità del Festival per aprire anzi un dialogo costruttivo sul tema. Spesso motivo di discussione con Gabriella, più intransigente nel suo approccio femminista alla questione, abbiamo deciso successivamente di aprire alcune sezioni del Festival alla regia maschile, come contraltare al coro di voci del cinema delle donne. Credo che sia proprio dall’incontro tra voci differenti e soprattutto negli spazi del dialogo e del confronto possano a volte trovarsi gli spunti migliori su cui riflettere anche riguardo ai temi più vari e attuali.

5. Ogni anno viene selezionato un tema guida che propone uno sguardo su tematiche e argomenti di attualità. Quest’anno il tema è ‘Il futuro sostenibile: Donne Ambiente e Diritti umani’. Come è stato scelto e cosa dobbiamo aspettarci? Ce ne vuole parlare un attimo, magari in base anche ai film che avete selezionato…

Il festival ha una sua specificità da sempre, che coincide con la necessità di dedicare una grande attenzione ai temi e alle situazioni politico-sociali a livello internazionale. Il cinema è uno dei linguaggi che permette di entrare in maniera più vicina all’attualità. Se al centro dei film troviamo storie che raccontano vicende personali e individuali, queste offrono al tempo stesso un senso dello spirito del tempo, uno sguardo privilegiato alla cronaca politica e sociale. Oggi per restare nell’attualità si parla ovviamente di FUTURO SOSTENIBILE: cosa ci attende, quale mondo vogliamo e quale mondo rischiamo di avere, da qui la riflessione si apre a partire dai punti chiavi dell’agenda ‘20-‘30 dell’Onu con gli obiettivi da raggiungere, tra gli altri: il raggiungimento della parità di genere, la risoluzione dei problemi ambientali e la centralità dei diritti umani. Siamo in stretta relazione con quella che è l’urgenza internazionale e che il cinema ci restituisce facendosi testimone di ciò che è oggi la contemporaneità attraverso la sensibilità di giovani autrici.

6. Sguardi Altrove Film Festival si inserisce all’interno del Milano Film Network che conta sette festival su Milano (Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina, Festival MIX Milano, Filmmaker, Invideo, Milano Film Festival, Sguardi Altrove Film Festival, Sport Movies & Tv Fest). Quando e come è nato questo progetto e soprattutto come funziona la macchina organizzativa che c’è dietro? Come riescono a collaborare con sinergia sette differenti Festival e quali sono gli obiettivi comuni e gli strumenti per raggiungerli?

Milano Film Network nasce da un progetto presentato a Fondazione Cariplo con l’idea originale di dare vita a realtà che offrissero posti di lavoro nel territorio nel settore del cinema e dell’audiovisivo. L’Associazione è stata fondata dai sette direttori dei festival di cinema di Milano proprio con l’obiettivo di creare nuove figure professionali sul territorio. Obiettivo raggiunto grazie ad una rete inter-organizzativa che offre opportunità di scambio, di dialogo e di collaborazione tra i Festival. Successivamente il MFN ha sviluppato una serie di importanti progetti legati al mondo della formazione con percorsi creati su misura per gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, per universitari e addetti ai lavori. Ad oggi è diventato anche un volano di produzione: due progetti sono adesso in lavorazione: Atelier e In progress, il primo mirato a sostenere l’ultimo momento nella produzione di film già in fase di realizzazione, il secondo accompagna giovani autori nella stesura dei loro progetti. Quindi il MFN continua a lavora con noi (di Sguardi Altrove) in tutte le edizioni, con uno scambio continuo tra i singoli Festival sia in termini di contenuti condivisi sia attraverso politiche di crossprogramming e promozione reciproca.

7. Proprio in merito alla promozione del Festival, data la longevità di Sguardi Altrove, sa indicare qual è il vostro target di riferimento e come è cambiato – se è cambiato – il vostro pubblico con il passare delle edizioni. Attraverso quali strumenti di comunicazione promuovete il festival sia per gli utenti già fidelizzati o per raggiungere pubblico nuovo. Che peso hanno nella comunicazione l’ufficio stampa e/o la comunicazione digital e social?

La macchina del Festival si serve di una squadra numerosa di stagisti provenienti dalle Università del territorio che si avvicendano di anno in anno offrendo un supporto decisivo a chi invece lavora tutto l’anno per organizzare il Festival. Si tratta prima di tutto di un lavoro di team e collaborazione in cui, compatibilmente con le possibilità economiche di ogni edizione, richiede un lavoro tutto l’anno che ovviamente si intensifica in prossimità della partenza del Festival. Per quanto riguarda il target di riferimento sì, ogni anno siamo felici di constatare la presenza di molti affezionati che vivono il Festival come appuntamento annuale in cui scoprire ogni anno titoli di valore. Oltre agli utenti affezionati la promozione di ogni nuova edizione mira a raggiungere un pubblico nuovo attraverso il lavoro dell’Ufficio Stampa e dei nuovi strumenti digital che con mezzi minori permettono di raggiungere un numero anche elevato di persone.

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